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Luca Talotta
8 lug 2025
Per una volta, l’Italia sembra fare sul serio. Al Forum 2025 della Mobilità Urbana, organizzato da The Urban Mobility Council con il supporto del Gruppo Unipol, due studi di altissimo livello – uno del Politecnico di Milano, l’altro del MIT Senseable City Lab – hanno dimostrato come l’intelligenza artificiale possa rivoluzionare la sicurezza urbana.
Eppure, nonostante queste soluzioni avanzate siano pronte all’uso, il 1° Rapporto sulla mobilità urbana in Italia presenta un quadro a dir poco allarmante: trasporto pubblico in crisi, auto vecchie, elettrico ancora marginale e una strage silenziosa che continua sulle strade delle città.
Il messaggio è chiaro: l’Italia ha gli strumenti per agire. Ma agisce?
Nel cuore di Milano, in un’area di 25 km², sono stati rilevati oltre 80.000 eventi di frenata brusca in soli due anni. Questi dati sono stati utilizzati dal Politecnico di Milano, in collaborazione con UnipolTech, per addestrare “RoadSafeAI”, una rete neurale convoluzionale in grado di prevedere il rischio di incidenti stradali con un’accuratezza superiore al 95%.
Il modello analizza immagini e dati telematici per attribuire a ogni porzione urbana un punteggio di rischio da 0 a 10. L’obiettivo è fornire alle amministrazioni pubbliche uno strumento concreto, aggiornabile e predittivo, in grado di:
mappare le aree a maggior rischio di incidente;
simulare gli effetti di interventi infrastrutturali;
supportare la progettazione urbana.
Una rivoluzione, questa, già pronta all’uso. E che può funzionare anche in città prive di black box, grazie all’elaborazione delle sole immagini.
«Il nostro modello generalizza perfettamente su aree mai utilizzate per l’addestramento», ha dichiarato Sergio Savaresi del Politecnico. L’algoritmo è valido, italiano, testato. Ora serve solo la volontà di usarlo.
La seconda bomba l’ha sganciata Carlo Ratti, direttore del MIT Senseable City Lab. Lo studio condotto in collaborazione con UnipolTech mostra che la sola riduzione del limite di velocità a 30 km/h non funziona. I dati dimostrano che i guidatori rallentano solo di 2-3 km/h in presenza del cartello.
Il vero fattore determinante è la conformazione della strada:
Le strade strette, chiuse, con edifici vicini inducono a rallentare;
Le strade larghe, aperte e con lunga visibilità favoriscono la velocità.
L’intelligenza artificiale ha analizzato 51 milioni di punti di telemetria veicolare, combinati con milioni di immagini da Milano, Amsterdam e Dubai. Il modello è capace di prevedere, in base al solo aspetto della strada, se il limite verrà rispettato o meno.
«Cambiare il numero su un cartello non basta – ha dichiarato Ratti – serve progettare strade che inducano intuitivamente a rallentare. E oggi, grazie all’IA, possiamo farlo in modo scientifico e preventivo».
Mentre l’innovazione tecnologica avanza, i dati del 1° Rapporto The Urban Mobility Council mostrano un’Italia ferma. Alcuni numeri sono inquietanti:
Il trasporto pubblico copre meno dell’8% degli spostamenti urbani;
Un veicolo su quattro ha più di 20 anni;
L’elettrico rappresenta appena lo 0,7% del parco circolante;
Nel 2023 si sono registrati oltre 3.000 morti e 224.000 feriti per incidenti stradali, di cui il 73,3% in città.
E non è tutto. La mobilità complessiva è in calo (-3% rispetto al 2023 e -8,5% rispetto al 2019) per l’invecchiamento della popolazione, ma l’auto privata resta il mezzo più utilizzato (oltre il 50% degli spostamenti urbani).
Le città non riescono a gestire la mobilità urbana in modo efficiente, e il sistema continua a penalizzare chi usa l’auto senza offrire vere alternative.
Chi continua a proporre solo blocchi, limiti e divieti senza affrontare i problemi strutturali sbaglia bersaglio. L’auto è ancora indispensabile per milioni di italiani, soprattutto dove il trasporto pubblico è assente o inefficace.
«Gli incidenti sono un costo sociale enorme – ha dichiarato Enrico San Pietro di Unipol – ma i dati delle scatole nere possono aiutarci a individuare i punti critici e intervenire».
La tecnologia è disponibile, ma manca il coraggio politico per attuarla. Servono incentivi all’adozione dell’IA, strumenti premianti come la Green Box (per misurare le emissioni reali dei veicoli e concedere accessi meritocratici alle ZTL) e investimenti infrastrutturali reali.
Stefano Genovese, coordinatore del Think Tank, ha toccato il punto cruciale: «I costi della transizione ecologica stanno gravando sempre più sulla vita quotidiana degli italiani. Le soluzioni tecnologiche ci sono: usiamole».
E ha ragione. Continuare con annunci e retorica sulla mobilità sostenibile non basta più. Bisogna mettere i dati sul tavolo, finanziare le città, obbligarle a utilizzare questi strumenti, prima che l’ennesima vittima venga ricordata solo con un mazzo di fiori sull’asfalto.
La mobilità urbana del futuro può essere sicura, sostenibile e tecnologica. Ma non arriverà da sola. Serve volontà, serve responsabilità, serve visione. E soprattutto serve agire ora, con l’intelligenza delle macchine e quella – ancora più necessaria – degli uomini.
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