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Luca Talotta
8 lug 2025 (Aggiornato alle 13:04)
L’emendamento al Decreto Infrastrutture è stato approvato: il blocco per i veicoli diesel Euro 5 slitta ufficialmente di un anno, dal 1° ottobre 2025 al 1° ottobre 2026. Si tratta di una decisione che coinvolge Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, le Regioni del Bacino Padano dove la qualità dell’aria è spesso sotto osservazione, ma dove vivono anche milioni di automobilisti che si muovono ogni giorno per lavoro, famiglia o necessità logistiche.
La norma, attesa da tempo, è stata inserita in extremis con un emendamento sostenuto dalla Lega e accolto favorevolmente anche da Fratelli d’Italia. Il provvedimento introduce anche una modifica importante: le limitazioni alla circolazione si applicheranno inizialmente solo nei comuni con oltre 100.000 abitanti, anziché in quelli da almeno 30.000 residenti, come precedentemente previsto. Un cambiamento che alleggerisce la pressione su centinaia di centri urbani e su milioni di persone.
Sia chiaro: la tutela ambientale è fondamentale, ma non può tramutarsi in un colpo mortale per le categorie più fragili e meno abbienti. I diesel Euro 5, introdotti dal 2009 e diffusi fino al 2015, sono oggi ancora presenti in oltre un milione di veicoli solo nelle quattro Regioni interessate. La loro messa al bando avrebbe significato un vero e proprio tsunami economico per famiglie, artigiani, piccoli imprenditori e lavoratori autonomi, costretti a rottamare mezzi ancora perfettamente funzionanti o a sostenere spese insostenibili per sostituirli.
La politica, spesso distante dalle esigenze reali di chi l’auto la usa e non la esibisce, ha finalmente mostrato un barlume di concretezza. Come dichiarato dal capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Trasporti, Fabio Raimondo, «abbiamo trovato un punto di equilibrio tra tutela ambientale e sostenibilità sociale». Parole condivisibili, ma che suonano quasi rivoluzionarie nel panorama attuale dove l’automobilista è il capro espiatorio preferito da chi cerca visibilità ecologista facile.
Negli ultimi anni l’auto, in particolare quella termica, è stata oggetto di un accanimento sproporzionato. Dimenticando che i diesel Euro 5 non sono affatto veicoli inquinanti nel senso classico del termine: hanno emissioni di particolato drasticamente ridotte rispetto alle generazioni precedenti e sono spesso equipaggiati con filtri antiparticolato e sistemi di riduzione degli NOx. Ma per l’ideologia ambientalista dura e pura, ogni mezzo diesel è da eliminare, a prescindere.
Il problema però resta: chi non può permettersi l’auto elettrica? Chi non ha un box dove ricaricarla? Chi fa chilometri ogni giorno per lavoro e ha bisogno di autonomia, affidabilità e rapidità? Nessuna risposta concreta, solo slogan. E intanto, chi guida un furgone Euro 5 per consegnare merci o un’auto per portare i figli a scuola, si sente dire che deve smettere. Come se potesse farlo dall’oggi al domani.
Con questo emendamento, le Regioni avranno un anno in più per “organizzarsi e trovare alternative per ridurre l’inquinamento senza vietare la circolazione”, come ha detto Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera. Ma non possiamo fermarci a un semplice rinvio: serve una strategia nazionale che metta al centro l’accessibilità economica, la realtà del parco circolante e il supporto concreto a chi deve cambiare veicolo, ma non può permetterselo.
Va anche detto che le Regioni potranno comunque escludere i mezzi diesel Euro 5 a uso commerciale dai futuri blocchi, qualora vengano adottate misure alternative efficaci per la riduzione delle emissioni. Un’apertura importante, perché riguarda migliaia di imprese che vivono di mobilità e che rischiavano il collasso se costrette a cambiare flotta da un giorno all’altro.
Non possiamo continuare ad assistere in silenzio a decisioni ideologiche, scollegate dalla realtà e calate dall’alto, spesso senza nemmeno coinvolgere le associazioni di categoria o i rappresentanti degli automobilisti. Chi guida un’auto Euro 5 nel 2025 non è un fuorilegge, ma una persona che ha fatto un investimento solo pochi anni fa e che oggi si ritrova additato come responsabile dell’inquinamento urbano. Un paradosso inaccettabile.
La pazienza degli automobilisti è finita. Lo ripetiamo da mesi: la transizione ecologica ha senso solo se è inclusiva, equa, progressiva e sostenibile davvero. Non può essere un’operazione punitiva mascherata da svolta green. E questo rinvio di un anno, seppur tardivo, è una boccata d’ossigeno che dimostra come la protesta di chi guida, lavora e vive sulle quattro ruote abbia ancora un peso politico e sociale.
Il prossimo anno sarà decisivo. Se non si inizierà a lavorare da subito per soluzioni strutturali, incentivi concreti e una revisione intelligente delle normative, il problema si ripresenterà identico, con annesso lo scontro sociale. Non si può pensare di rifare lo stesso errore tra dodici mesi. Il settore dell’auto merita rispetto, non diktat. E gli automobilisti meritano di essere ascoltati, non puniti.
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