Luca Talotta
21 lug 2025
La rivoluzione elettrica non può essere un lusso per pochi. Almeno in Francia. Dopo il successo dell’edizione 2024, il governo guidato da Emmanuel Macron ha annunciato il ritorno del leasing sociale per auto elettriche, un provvedimento che permette ai cittadini a basso reddito di accedere a una vettura elettrica nuova pagando rate ridotte, grazie a un contributo statale di 7.000 euro.
Un’iniziativa concreta, pensata per accelerare la transizione ecologica senza lasciare indietro le fasce più fragili. Un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: non bastano le colonnine, serve che anche i meno abbienti possano permettersi un’auto elettrica.
Ma mentre in Francia si rilancia, in Italia il dibattito è ancora fermo a bonus e rottamazioni inefficaci. E gli automobilisti, come sempre, pagano il prezzo più alto dell’immobilismo politico.
Lanciato all’inizio del 2024, il leasing sociale francese aveva avuto un impatto clamoroso: 650 milioni stanziati, 13.000 euro per ogni automobilista, auto a 50 euro al mese. Il tutto si era concluso in poche settimane, travolto dalle richieste. Un successo annunciato e, per molti, inatteso nella portata.
Ora il governo rilancia l’iniziativa con fondi ridotti (370 milioni), ma con lo stesso obiettivo: finanziare almeno 50.000 nuove auto elettriche per cittadini con reddito annuo inferiore a 15.400 euro. I beneficiari potranno scegliere un’auto elettrica da utilizzare per andare al lavoro o per esigenze professionali, con una rata mensile intorno ai 140 euro, e comunque mai superiore ai 200 euro.
«Vogliamo che l’auto elettrica sia accessibile a tutti, non solo a chi vive nelle grandi città o ha redditi alti», ha dichiarato il ministero competente. Dal 30 settembre sarà possibile presentare domanda.
In più, almeno 5.000 auto saranno destinate a cittadini che vivono in zone con elevato inquinamento atmosferico, per un duplice obiettivo: mobilità sostenibile e salute pubblica.
Il successo del leasing sociale sta nella sua semplicità. Niente iter burocratici infiniti, nessuna richiesta di anticipo, nessun prestito bancario: è lo Stato che versa il contributo direttamente ai costruttori, che possono così abbattere il canone di leasing per l’utente finale.
Non a caso, le case auto hanno aderito in massa, con modelli come Peugeot e-208, Renault Twingo E-Tech, Fiat 500e e Dacia Spring (che in Francia è tra le elettriche più vendute). Le formule proposte variano tra leasing e noleggio a lungo termine, ma sempre con canoni calmierati e contratti da 3 a 5 anni, spesso comprensivi di manutenzione e assicurazione.
Un modello che funziona anche perché non è ideologico, ma concreto: non impone auto di lusso, non penalizza chi ha vecchie vetture, non costringe a spendere 30.000 euro cash. Semplicemente, rende l’auto elettrica una possibilità reale.
Mentre in Francia si passa alla fase due, in Italia gli incentivi auto continuano a fare acqua da tutte le parti. Dopo mesi di annunci, il nuovo Ecobonus 2025 è ancora in fase di rodaggio. I fondi per le auto elettriche si sono esauriti in 24 ore, lasciando fuori migliaia di potenziali acquirenti. E la formula del contributo diretto alla casa costruttrice, sul modello francese, non è nemmeno sul tavolo.
Eppure, i numeri parlano chiaro: in Italia il 70% delle immatricolazioni riguarda auto usate. Solo una piccola parte degli automobilisti ha accesso al nuovo. E le elettriche, senza un forte sostegno pubblico, restano fuori portata per chi guadagna meno di 1.300 euro al mese.
Il leasing sociale, se adattato al contesto italiano, potrebbe cambiare le regole del gioco, creando un mercato dell’elettrico popolare e finalmente accessibile. Ma servono scelte politiche chiare, non spot elettorali.
L’aspetto forse più interessante dell’iniziativa francese è l’impatto sociale. Rendere accessibile la mobilità elettrica non è solo un fatto ambientale, ma anche di giustizia sociale. Non è accettabile che chi vive in aree più inquinate non possa permettersi un’auto a zero emissioni, mentre nei quartieri ricchi si moltiplicano le Tesla.
La transizione ecologica deve essere inclusiva, o fallirà. Per questo Auto.it sostiene l’introduzione di misure simili anche in Italia, a tutela dei cittadini e dell’ambiente.
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