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Tre automobilisti su quattro aspettano il guasto prima di sostituirla. Il budget è fermo a 20 mila euro, la marca non conta più: servono efficienza e libertà di circolazione.
Luca Talotta
20 lug 2025
In Italia, l’età media dell’auto principale è di 10 anni, e nel 75% dei casi non viene sostituita finché non insorgono guasti gravi o si arriva al “fine vita”. Non è attaccamento affettivo o spirito green: è questione di portafoglio. Il dato emerge con chiarezza dal nuovo focus dell’Osservatorio Findomestic, che fotografa un mercato auto incastrato tra rincari generalizzati, incertezze economiche e scarsa fiducia nei meccanismi di incentivazione.
Il 65% degli italiani non può o non vuole spendere più di 20 mila euro per un’auto nuova. Non per pigrizia o disinteresse, ma perché il prezzo medio di una vettura nuova ha ormai abbondantemente superato quella soglia. È il segnale di un comparto che non ascolta davvero le esigenze del consumatore, concentrato più sul pushing dell’elettrico e dei modelli premium che sulla reale accessibilità.
Secondo il rapporto Findomestic, il motore ibrido è oggi la prima scelta per il 45% degli italiani. Non per una nuova coscienza ecologica, ma perché rappresenta il miglior compromesso tra risparmio nei consumi e libertà di utilizzo. Il 58% degli intervistati considera l’efficienza il criterio più importante, seguito dal 45% che desidera una vettura affidabile nel tempo e in grado di circolare anche con le limitazioni sempre più diffuse nelle città.
In questo scenario, la marca perde rilevanza. Solo 1 italiano su 10 la considera ancora un fattore decisivo nella scelta dell’auto. Il brand è stato soppiantato dalla praticità: l’auto non è più status symbol ma strumento, e come tale va giudicata.
L’auto elettrica piace a chi la guida, ma è ancora troppo lontana dal vissuto quotidiano della maggioranza. Solo il 6% si dice pronto ad acquistarla oggi, ma tra chi ha avuto modo di provarla, oltre l’80% si è detto soddisfatto per la silenziosità, la fluidità e la semplicità di guida.
Il punto debole? Il 60% degli italiani non è mai salito su una vettura 100% elettrica. Manca la conoscenza, non solo tecnica ma economica: quasi la metà degli intervistati non sa se l’elettrico porterebbe davvero a un risparmio nel tempo. E in un’epoca in cui ogni euro conta, la percezione diventa tutto.
Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic, ha parlato apertamente di «problema di conoscenza». E non si può dargli torto: quando l’auto elettrica viene raccontata più come missione ideologica che come soluzione concreta, il risultato è diffidenza, non interesse.
Quattro italiani su dieci non sanno quando cambieranno auto. Un altro 26% lo vorrebbe fare tra il 2025 e il 2026, ma molti poi rinviano, anche di anni. Il motivo è sempre lo stesso: i soldi non bastano, le priorità sono altre e il mercato non offre soluzioni realmente accessibili.
Due famiglie su tre hanno un tetto di spesa fermo a 20 mila euro, proprio come un anno fa. Ma intanto le vetture sotto questa soglia sono diventate rarissime. L’unica alternativa rimane l’usato, anche recente, che continua a guadagnare terreno grazie alla maggiore accessibilità e ai tassi di finanziamento agevolati.
Il quadro è chiaro: gli italiani non rifiutano l’auto nuova, ma si sentono ignorati da un settore che parla un’altra lingua. Le Case spingono sull’elettrico, i listini volano verso i 30 mila euro e più, le città impongono restrizioni sempre più severe, ma nessuno aiuta davvero chi ha bisogno di un’auto per lavorare, spostarsi, vivere.
Serve una strategia diversa, centrata su:
Non è utopia, è rispetto per chi ogni giorno si mette al volante e pretende che le istituzioni e il mercato si ricordino che l’auto non è un lusso, ma una necessità.
Se davvero si vuole accompagnare la transizione ecologica, è tempo di pensare all’Italia reale, quella che ha uno stipendio medio di 1.500 euro al mese e non può permettersi rate da capogiro, ricariche rare, bollo esente per soli cinque anni e assicurazioni più care.
Le auto durano 10 anni perché devono durare 10 anni, non perché gli italiani amino tenere vecchi rottami. Si tratta di necessità, non di capriccio. E un sistema che non lo capisce è destinato a schiantarsi, prima ancora dei veicoli che dovrebbe vendere.
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