VM Motori di Cento: cessione a Marval, quale futuro per i lavoratori?

La storica fabbrica di VM Motori a Cento (FE) è passata ufficialmente dal controllo di Stellantis a quello del gruppo torinese Marval tramite la Gamma Holding
VM Motori di Cento: cessione a Marval, quale futuro per i lavoratori?
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Pubblicato il 16 settembre 2025, 06:32

La storica fabbrica di VM Motori a Cento (FE) è passata ufficialmente dal controllo di Stellantis a quello del gruppo torinese Marval tramite la Gamma Holding. Un’operazione inevitabile ma che porta con sé domande pesanti: saranno salvaguardati i posti di lavoro? Ci sarà un vero rilancio industriale o si tratta solo di dismissione?

Un passato glorioso, un presente in bilico

Fondata nel dopoguerra da Vancini e Martelli, VM Motori è sempre stata un’eccellenza italiana nella produzione di motori diesel.  

Negli ultimi anni, tuttavia, l’azienda ha vissuto un progressivo ridimensionamento: da oltre mille dipendenti a circa 350, produzione automobilistica in calo, uso della cassa integrazione.  

Anche la conversione verso motori per uso industriale e marino è avvenuta già da qualche tempo, come tentativo di rispondere ai cambiamenti del mercato.  

Marval rileva VM: chi è Marval e quali sono le sue intenzioni

Marval è un’azienda con sede a Torino, specializzata in lavorazioni meccaniche di precisione, in particolare componenti motore, cambio, freni e sospensioni, con capacità su ghisa, alluminio e acciaio.  

Opera in Italia, Regno Unito e Cina, ed è controllata dal fondo Azzurra Capital.  

L’accordo vincolante per l’acquisizione è stato firmato tramite Gamma Holding, società creata dagli azionisti di controllo di Marval.  

Le promesse: continuità produttiva e salvaguardia occupazionale

Le parti coinvolte (Stellantis, Marval, Regione Emilia-Romagna, sindacati, enti locali) hanno assicurato che l’operazione garantirà la continuità produttiva dello stabilimento e il mantenimento dei 350-circa dipendenti.  

La Regione ha convocato un tavolo congiunto il 15 settembre per valutare il piano industriale, con particolare attenzione all’impatto sociale e occupazionale.  

Perché questa cessione? Le ragioni e le critiche

Da parte di Stellantis, la vendita rientra in un più ampio piano di riorganizzazione che tiene conto della transizione verso l’elettrico e della contrazione della domanda di motori diesel tradizionali in Europa.  

I sindacati, pur non opponendosi all’operazione, esprimono cautela: chiedono certezze su commesse future, su un piano industriale solido, su garanzie che non corra il rischio che lo stabilimento diventi marginale.  

Critici anche alcuni osservatori: questa cessione è stata preceduta da anni di indebolimento, e per alcuni il cambio di proprietà rischia di mascherare una lenta uscita dal mercato dei motori diesel.  

Cosa serve davvero per dare speranza

  • Un piano industriale concreto: non basta promettere che i posti di lavoro sono garantiti; servono commesse certe, investimenti in tecnologie, adattamenti produttivi.
  • Diversificazione: il mercato automobilistico (e quello ambientale) spinge verso motorizzazioni alternative; VM deve essere capace di integrare motori per uso ibrido, elettrico o altre soluzioni, non restare legata solo al diesel.
  • Sinergie con l’indotto locale: il rilancio passa anche da fornitori e partner in Emilia-Romagna; un indotto qualificato può fare la differenza.
  • Trasparenza e partecipazione: sindacati, istituzioni e lavoratori devono essere interlocutori reali, non solo destinatari di comunicati stampa.

Nonostante le promesse, la sensazione è che siamo davanti a una scelta obbligata, più che una vera opportunità. È giusto che Stellantis abbandoni il diesel — lo chiede il mercato e lo chiede l’ambiente — ma non è accettabile che l’Italia si trovi a perdere pezzi della propria capacità industriale senza un disegno forte che guardi al domani.

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