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Luca Talotta
11 lug 2025
L’automobilista italiano è sempre più nel mirino. Non bastano più le strade dissestate, i limiti di velocità schizofrenici o la segnaletica ambigua: ora ci si mettono anche gli autovelox invisibili, dispositivi di controllo della velocità sempre più difficili da individuare e che stanno facendo strage di portafogli. Ma attenzione: non si tratta solo di strumenti per aumentare la sicurezza stradale, perché troppo spesso sembrano diventati strumenti di puro incasso da parte di Comuni a caccia di risorse.
Con il termine “autovelox invisibili” ci si riferisce a quei dispositivi che non sono segnalati adeguatamente o che sono camuffati in modo da risultare irriconoscibili per il conducente medio. Sono in grado di rilevare infrazioni anche senza la presenza di agenti e operano in modalità automatica e continua, spesso montati su veicoli civetta, bidoni della spazzatura o installati dietro cartelli e pali.
Il problema è che le regole per la loro installazione e segnalazione non sempre vengono rispettate, generando una situazione inaccettabile per chi ogni giorno si sposta in auto. E se la sicurezza è una priorità per tutti, la trasparenza dovrebbe esserlo altrettanto.
I nuovi dispositivi di rilevamento della velocità sono sempre più sofisticati. Si parla di telecamere mobili come il Scout Speed o il Velocar, ma anche di radar installati su veicoli in movimento, capaci di fotografare e multare anche quando non sono fermi. Altri dispositivi, come il famigerato Telelaser Trucam, possono essere usati da agenti anche nascosti tra la vegetazione o dietro curve.
La loro pericolosità non sta tanto nel fatto che rilevino le infrazioni – chi sbaglia deve pagare – ma nella mancanza di trasparenza e nel fatto che spesso: non sono adeguatamente segnalati, come richiesto dalla normativa; vengono piazzati in tratti di strada poco pericolosi, ma ad alta percorrenza, per massimizzare le entrate; e ono usati come strumenti di cassa e non di prevenzione.
Secondo le ultime indagini di associazioni a tutela degli automobilisti, in molte città italiane oltre il 60% delle multe da autovelox proviene da apparecchi non ben segnalati, soprattutto nei piccoli Comuni. In molti casi si tratta di violazioni lievi, con superamenti di pochi chilometri orari oltre il limite.
Alcune regioni e province si stanno ormai specializzando in questo tipo di strumenti. Non per caso, ma per convenienza economica. Ecco alcune delle aree più attenzionate:
In molti casi, questi strumenti non rispettano i dettami del Codice della Strada, che impone la presenza di cartelli di avviso ben visibili e la taratura periodica dei dispositivi. Ma se nessuno controlla, chi paga? Gli automobilisti, ovviamente.
Il Codice della Strada italiano prevede alcune regole precise per l’utilizzo degli autovelox:
Ma troppo spesso queste norme vengono ignorate, oppure le forze dell’ordine e i Comuni si appellano a zone grigie del regolamento, giustificando installazioni fisse non segnalate con “situazioni di emergenza” o “test sperimentali”. Una scappatoia che danneggia l’automobilista, spesso costretto a pagare una multa senza possibilità di reale difesa.
Per questo, diverse associazioni come ASAPS, Codici e Unione Nazionale Consumatori hanno avviato campagne per chiedere maggiori controlli sulla legalità di questi strumenti e una vera regolamentazione nazionale sull’uso dei dispositivi mobili e camuffati.
Se è vero che non si può fare a meno della tecnologia per garantire la sicurezza stradale, è altrettanto vero che l’automobilista non deve diventare una vittima inconsapevole del sistema. Ecco alcuni consigli utili per ridurre il rischio di incappare in multe ingiuste:
In un Paese dove il trasporto pubblico è spesso inadeguato e l’auto rimane lo strumento principale per lavorare, portare i figli a scuola o semplicemente vivere, è inaccettabile che l’automobilista venga trattato come un bancomat su quattro ruote. La tecnologia deve servire alla sicurezza, non al profitto.
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