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Luca Talotta
27 giu 2025
Un emendamento al Decreto Infrastrutture apre ufficialmente alla possibilità di rinviare il blocco alla circolazione delle auto diesel Euro 5 in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, inizialmente previsto per il 1° ottobre 2025. Il rinvio proposto sposterebbe il divieto al 31 ottobre 2026, con margini di flessibilità ulteriori affidati alle Regioni, in base alle loro esigenze ambientali e socio-economiche.
Il tema, che coinvolge oltre un milione di veicoli secondo stime ACI, mette in discussione il bilanciamento tra obiettivi ambientali e tutela sociale ed economica, facendo emergere nuove riflessioni sul ruolo degli enti locali nella gestione della qualità dell’aria.
Il divieto alla circolazione dei veicoli Euro 5 diesel nasce dalla necessità di rispondere alle procedure d’infrazione aperte dalla Commissione Europea contro l’Italia per violazione dei limiti di PM10 e NO₂, previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria. In particolare, la Pianura Padana è una delle aree più inquinate del continente, con livelli di smog costantemente superiori alle soglie europee.
Per questo motivo, il Governo italiano aveva previsto, con il decreto-legge n. 121/2023 (convertito in legge n. 155/2023), che dal 1° ottobre 2025 i diesel Euro 5 sarebbero stati bloccati nei comuni con più di 30.000 abitanti delle Regioni coinvolte.
Con l’approvazione del Decreto Infrastrutture (D.L. n. 73/2025), attualmente in discussione alla Camera, è arrivata anche la proposta della Lega: un emendamento che mira a posticipare il blocco al 31 ottobre 2026, lasciando alle singole Regioni la facoltà di decidere ulteriori proroghe o anticipi in base alla situazione locale.
In cambio, però, il testo prevede misure ambientali compensative come:
Efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati
Aumento delle aree verdi urbane
Interventi di mobilità sostenibile alternativa
L’obiettivo è duplice: tutelare i cittadini e le imprese che non possono permettersi un nuovo veicolo, e allo stesso tempo rispettare l’ambiente con azioni strutturali e non solo divieti temporanei.
La posizione del Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è chiara. In un post pubblicato sui canali ufficiali della Lega l’11 giugno, l’emendamento è stato descritto come una risposta necessaria per scongiurare una misura penalizzante per le famiglie italiane, definita dal leader leghista come «una follia economico-industriale».
«Scongiurare il blocco dei diesel Euro 5 per un altro anno – si legge nella nota – significa offrire la possibilità alle Regioni di evitarlo anche successivamente. L’obiettivo è duplice: tutelare le famiglie che rischiano di restare senza macchina e rispettare l’autonomia delle Regioni».
Il rinvio solleva una questione delicata di riparto delle competenze tra Stato e Regioni. Secondo l’articolo 117 della Costituzione, la tutela dell’ambiente è materia di competenza esclusiva dello Stato. Tuttavia, le Regioni possono intervenire in ambito di governo del territorio e politiche locali, specie in materia di mobilità e trasporti.
L’emendamento della Lega mira a riconoscere un margine di autonomia decisionale agli enti locali, coerente con i principi di leale collaborazione e con l’orientamento giurisprudenziale della Corte Costituzionale, che negli anni ha più volte sottolineato la necessità di coinvolgere i territori nelle decisioni ambientali strategiche.
Il blocco dei diesel Euro 5, secondo i dati aggiornati dall’ACI, riguarda più di 1.000.000 di veicoli immatricolati tra il 2009 e il 2015. Per molti cittadini, in particolare nei centri minori e nelle periferie, questi veicoli rappresentano ancora una risorsa primaria per la mobilità quotidiana.
Famiglie e imprese denunciano il rischio di essere costrette a sostituire mezzi ancora funzionanti senza incentivi adeguati e senza alternative concrete di mobilità sostenibile, soprattutto nelle aree meno servite dai trasporti pubblici.
La transizione ecologica, infatti, richiede investimenti strutturali, accompagnati da un piano di sostegno sociale e infrastrutturale che oggi molti giudicano ancora insufficiente.
Sebbene Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna abbiano in passato approvato le misure contenute nel decreto 121/2023, oggi l’emendamento proposto dalla Lega riceve un’accoglienza variegata. Alcune amministrazioni locali, soprattutto nei comuni più piccoli, apprezzano la possibilità di gestire in autonomia i tempi del divieto.
Altre Regioni, come l’Emilia Romagna, mantengono una posizione più cauta, consapevoli del rischio di incorrere in sanzioni europee in caso di mancato rispetto dei parametri sulla qualità dell’aria.
Se l’emendamento venisse approvato definitivamente, il blocco verrebbe sospeso fino al 31 ottobre 2026, salvo decisioni diverse da parte delle singole Regioni. Tuttavia, resta in discussione la reale efficacia delle misure compensativeproposte come alternativa.
Senza un monitoraggio indipendente e interventi strutturali a lungo termine, il rischio è che il rinvio del blocco si trasformi in un semplice rinvio del problema. L’Italia, già sotto osservazione da parte dell’Unione Europea, potrebbe incorrere in sanzioni più pesanti o in ulteriori richiami, aggravando la situazione.
Il caso Euro 5 rappresenta un banco di prova fondamentale per la credibilità delle politiche ambientali italiane. Se da un lato è necessario sostenere la mobilità sostenibile e rispettare i vincoli europei sulla qualità dell’aria, dall’altro è fondamentale non lasciare indietro nessuno, soprattutto in un periodo di crisi economica che colpisce ancora molte famiglie.
Una transizione giusta deve garantire sia tutela ambientale sia inclusione sociale, con incentivi concreti, infrastrutture moderne e un dialogo costante con i cittadini.
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